A maggio 2016 la campagna “Open Access Now” ha lasciato il campo alla mobilitazione “Close the Camps” (si veda la comunicazione del 23 maggio 2016).
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Campi per stranieri/e in Europa: Aprite le porte!
Abbiamo il diritto di sapere, hanno il diritto di essere liberi/e…
Dietro l’obiettivo ufficiale di “una migliore gestione dei flussi migratori”, l’istituzionalizzazione della detenzione dei/delle stranieri/e non fa che criminalizzare gli/le “indesiderabili” senza dar prova di efficacia rispetto all’obiettivo di partenza.
Circa 600.000 migranti, adulti e bambini/e, sono detenuti/e ogni anno nei paesi dell’Unione europea, sulla base di una semplice decisione amministrativa. La loro detenzione – spesso definita con eufemismi come “trattenimento” o “mantenimento” – può durare fino a 18 mesi, in base alla legislazione europea, in attesa di un’espulsione che avrà effettivamente luogo solo per metà delle persone detenute[1], rinviate verso il paese d’origine o un paese terzo, con il quale spesso non hanno alcun legame.
Il fondamento giuridico? Due testi europei prevedono e sistematizzano la detenzione amministrativa dei/delle migranti:
- la direttiva recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (direttiva “Accoglienza”) ;
- la direttiva recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (direttiva “Rimpatri”).
Il loro crimine ? Nessuno. Queste persone sono soltanto venute o hanno soggiornato irregolarmente nel paese in cui sono detenute. Si sono spostate come lo prevede il diritto fondamentale di ogni cittadino/a del mondo di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio[2], e l’idea secondo cui l’Unione europea è uno spazio in cui i diritti fondamentali sono rispettati.
Una volta detenute, queste persone non sono private soltanto della loro libertà di circolazione, ma anche, nella più parte dei casi, del diritto alla vita privata e familiare, di assistenza giuridica e/o cure adeguate, di un controllo giurisdizionale effettivo sulla detenzione e l’espulsione ecc.
La campagna Open Access Now, lanciata nel 2011 dalle reti Migreurop e Alternative Europee, ha per obiettivo la chiusura di tutti i campi per stranieri/e in Europa e al di là e, nel frattempo, esige trasparenza sulle realtà della detenzione dei/delle migranti.
La campagna è portata avanti da un comitato di coordinamento internazionale composto da Migreurop, Alternative Europee, La Cimade (Francia), Anafé (Francia), Arci (Italia), Sos Racismo (Spagna), Ligue des Droits de l’Homme (Belgio), Ciré (Belgio) e Frontiers Ruwad (Libano).
Si tratta, via le azioni e gli strumenti messi in campo, di far conoscere la realtà e le condizioni della detenzione degli/delle stranieri/e in Europa e al di là, di svolgere un ruolo di allerta e di difesa degli/delle stranieri/e detenuti/e e denunciare le conseguenze dei campi, teatro quotidiano di violazioni dei diritti fondamentali.
Uno degli strumenti che Migreurop ha realizzato nell’ambito della campagna Open Access Now è la cartografia interattiva Close the Camps che si propone di promuovere l’accesso alle informazioni recensendo i campi operativi e dati pratici relativi a questi luoghi. La cartografia si propone anche di contribuire all’analisi delle conseguenze dell’evoluzione di questi dispostivi sulle vite ed i diritti delle persone migranti.
In effetti, gli Stati e le istituzioni europee cercano, come possono, di celare questo aspetto poco glorioso di una politica che si pretende rispettosa dei diritti.
Così, oggi, nella maggior parte dei paesi dell’UE, ma anche dei paesi in cui la politica migratoria dell’Unione si dispiega e/o con cui l’UE ha firmato accordi di vicinato, l’accesso ai campi è fortemente inquadrato, limitato, se non impedito, per i giornalisti e la società civile. E’ spesso difficile intrattenersi con i/le detenuti/e. Soltanto i/le parlamentari dispongono di un diritto di accesso. Se la direttiva “Rimpatri” prevede che “i pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea”, la Commissione europea riconosce nel suo primo rapporto di valutazione della direttiva in questione che il rispetto di questa possibilità non è garantito in 7 Stati membri. Le osservazioni delle nostre organizzazioni, impegnate da più di dieci anni contro la detenzione dei/delle migranti, sono di gran lunga più preoccupanti.
Eppure poter accedere ad un’informazione chiara sull’esistenza ed il funzionamento dei campi ed essere in grado di denunciarne le derive, è essenziale, che si tratti di chiedere un’umanizzazione dei luoghi di detenzione – che non potrà che essere illusoria – il rispetto dei diritti e della legislazione vigente o la chiusura di questi luoghi.
Al fine di porre fine all’opacità che circonda questi luoghi, la campagna si appoggia, inoltre, sul diritto all’informazione garantito dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali. Questo articolo condanna molto chiaramente “l’ingerenza da parte delle autorità pubbliche” che impedirebbero ai/alle cittadini/e di accedere all’informazione, in particolare circa il funzionamento delle istituzioni.
Considerato che la detenzione ha un costo finanziario e soprattutto umano insostenibile, che è una fonte inesauribile di violazioni dei diritti e che l’efficacia rispetto all’obiettivo ufficiale dell’espulsione è contestabile, chiediamo la chiusura dei campi di detenzione, comunque siano chiamati e dovunque si trovino, non solo sul territorio europeo, ma anche nei paesi partner della politica migratoria europea.
Finché questi luoghi esisteranno in Europa e al di là, perché i/le cittadini/e hanno il diritto di conoscere le conseguenze delle politiche attuate in loro nome e le persone detenute il dititto di comunicare, anche pubblicamente, con il mondo esterno chiediamo :
-un accesso incondizionato della società civile e dei media all’informazione ed ai luoghi di detenzione,
-che siano garantititi nei testi e nella pratica il rispetto e l’esercizio effettivo dei diritti delle persone detenute e che queste ultime non debbano più far fronte a trattamenti inumani e degradanti,
-che i/le parlamentari europei/e e nazionali e ogni altra persona, istituzione o organizzazione che gode di un diritto di accesso, visitino i luoghi di detenzione e incorraggino l’evoluzione delle legislazioni nazionali ed europee verso una migliore difesa dei diritti degli/delle stranieri/e detenuti/e.
[1] Secondo la Commissione europea “Rispetto al rimpatrio di coloro che non hanno il diritto di soggiornare nell’UE, le statistiche mostrano un divario considerevole tra le persone nei confronti delle quale viene adottata una decisione di rimaptrio (circa 484 000 nel 2012, 491 000 nel 2011 e 540 000 nel 2010) e coloro che, di conseguenza, lasciano il territorio dell’UE (circa 178 000 nel 2012, 167 000 nel 2011 e 199 000 nel 2010)”; Comunicazione della Commissione sulla politica europea di rimpatrio, 28 marzo 2014 (p. 3, traduzione non ufficiale). Inoltre, si legge nell studio della Rete europea delle migrazioni “The use of detention and alternatives to detention in the context of immigration policies”, pubblicato a novembre del 2014, che “l’impatto della detenzione e delle alternative alla detenzione sulla capacità degli Stati (membri) di adottare ed applicare decisioni di rimpatrio rapide ed eque può essere insignificante” (p. 4 della sintesi, traduzione non ufficiale).
[2]Articolo 13 della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” e articolo 12 del “Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici”.
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- [EN], Detention Project, La reclusione dei richiedenti asilo nella regione mediterranea
- Ecuador [EN] Global Detention Project, Il profilo della detenzione in Ecuador
- Svizzera [EN] Stop Bunkers, Ayop sta in Ginevra
- Francia [FR] Le Monde, Cazeneuve rilancia la partita sinistra – destra sulle espulsioni
- Cipro [EN] KISA, Grave violazioni dei diritti dei detenuti nel centro di detenzione di Mennogeia